Roberto Da Silva 40 anni con l´arte
CURRICULUM
RIvista AMICIZIA da UCSEI – Via Monti Parioli, 57-58 – 00197 Roma, anno XVIII – n. 1-2 Gennaio-Febbraio 1981, pg. 12
Roberto Da Silva, Brasile
Negli ultimi anni, l´esperienza estetica é vissuta sotto il segno di queste due costanti, da un lato, l´artista si concentra su se stesso, riflettendo sui propri procedimenti e sulle funzioni mentali che stanno a monte di esso; dall´altro, si sporge su mondo, penetra nell spazio e in qualche modo lo modifica.
Questo sporgesi sui mondo viene proprio a chiarire la ragione della mia ricerca tra arte e società, dove l´arte é una espressione di un determinato periodo. Questa indagine mi ha spinto verso una riflessione sull´ambiente in cui vivo. Ho come soggeto la città. La metropoli (futura megalopoli), il comportamento dell´uomo nel contexto urbano.
Il compito dell´artista, io non lo vedo come quello dello stregone, dell´alchimista, dell´artista colto e chiuso, ma l´artista che vive e che soffre nell´ambiente che lo circonda; che riesce a percepire, riflettere ed esprimersi. Nello stesso tempo l´artista che cerca di esprimersi attraverso l´arte, compie nell´atto stesso una indagine analitica dell´arte: “È morto il troppo olio, é nato lo spirito”
È un atteggiamento che mi ha aiutato molto nella ricerca dell´inguaggio dell´arte. Ho analizzato i segni, la linea retta, lo spazio. Per noi brasiliani sono realtà molto forti; questo senso di libertà di spostarsi nell´ampio spazio, dentro la città, è diventata una pazzia per una gran parte dei brasiliani. Il chiuso, il quadrato, il rettangolo, l´affollamento, l´altezza, la profondità, i segni dei viadotti hanno cambiato il nostro comportamento; mano a mano diventiamo più astratti nel nostro attegggiamento. Questo astrattismo sociale diventa più intenso, quanto più ci avviciniamo alle nostre metropoli. Questa finta bellezza della città io la scompongono nella carta. La realtà astrata la condivido dentro i segni forti, fino alla follia; ma una follia precisa, perchè anche la distruzione è precisa. Alla fine, dentro la città, il sengo più irrazionale siamo noi.
Nella mia opera si trova un valore intenso dato più allo spirito che all´oggetto. L´opera in se stessa, l´oggetto prodotto, perde il suo valore, diventa una forma chiusa, incomunicabile, perchè anche noi siamo così dentro la folla, siamo sempre dei puntini in più, mobili, soli, incomunicabili. Fino al momento in cui non abbiamo il nostro ambiente, il chiuso, non c´è paura, lo spirito comunica, l´opera parla e lascia il suo messaggio scrito o verbale attraverso l´artista: un atto di rifessione su se stesso. Un richiamo al criticismo settecentesco: “L´intelletto umano, prima di riflettere sul mondo, deve riflettere su se stesso.”
Roberto Da Silva
Catalogo (1985) della mostrta personale intinerante (Roma, Mainz, Recife) DO DESENHO AO OBJETO di Roberto Da Silva nel Centro Documentazione Ricerca Artistica Contemporanea “L. Di Sarro”, Viale G. Cesare, 71 Roma - Itália dal 22 Gennaio al 2 Febbraio 1985; Industrie und Handelskammer für Rheinhessen, Schillerplatz, 7 Mainz – Deutschland von 12 bis 30 September 1985; Galeria Municipal Aluísio Magalhães, Rua da Aurora, 265 Recife – Brasil 1986.
Nella mia analisi dovuta alla crise attuale dell´arte, io cerco nell´ambiente dove sono nato, la città, un linguaggio per l´arte brasiliana. Prendo la società urbana come soggetto, perchè è l´unico momento dove più si caratterizza il nostro vivere. Nelle ricerche d´arte attuale sembra strano parlare di arte brasiliana, giacchè le nuove tendenze sono per l´internazionalizzazione dell´arte.
Nelle teorie che propongo, parto proprio dalla cultura d´ambiente, le sue problematiche socio-politiche-economiche; di questo dinamismo sociale che caratterizza la mia società; proprio questo feticcio urbano causatore di tante ispirazioni per la nostra musica, teatro, letteratura, cinema ed anche arte figurativa, che è la mia proposta.
È nell´ambiente urbano che si decide la politica di un paese. Nell´ambiente urbano vediamo quell´incroscio tra uomo e spazio, i suoi conflitti, quel complesso di immagini che fà dell´urbano un segno di lavoro.
L´uomo urbano é tanto influenzato dall´imagine quanto lo è il contadino.
Da questo sistema complesso io cerco di tirare fuori un discorso artistico.
L´uomo di città dalla matina alla sera è bombardato da queste immagini. Quei segni!... Quei simboli!... Mi viene in mente la teoria interazionista di MEAD quando vuole spiegare il significato dei simboli. È come una persona che si trova davanti alle orme di un orso nel bosco.
Per MEAD, la persona non si spaventa per le orme dell´orso ma si spaventa per quello che simbolizza. Possiamo estendere la sua teoria e far fermare una persona davanti ad un asse centrale di una città. Che analisi concettuale si può fare di quei segni che lì si trovano? E se quella persona è abituata a vivere fra quei segni?... Che comportamento avrà? Quei segni e quella persona soni realtà vissute per tante altre. Quella immagine compatta, tesa, che fa parte della sua realtà giornaliera, fa anche parte di quella intera società, e che reazione avrà nell´inconscio? Non è più un fatto sociale, ma una realtà sociale che fa parte della coscienza collettiva. Quel gruppo sociale riesce a mettere insieme questa coscienza collettiva con la cultura, con la concezione del mondo, quel mondo che sta a monte di essi.
Quel tutt´uno di politica, economia, religione, di questi fattori che formano una società contribuiscono alla sua accelerazione. Questa simbologia urbana fa parte della sua realtà sociale, e l´uomo che non può essere indiferente perchè fa parte del sui mondo, si identifica con essa.
Mi è costato tutta una analisi concettuale dello spazio per riuscire a trasformare quella sensazione di piacere disinteressato, in grafica e pittura, e adesso anche in oggetto: quelle immagini materiali vive, che ancora oggi sento attraverso l´arte, di una realtà non solo vissuta, ma reale anche adesso, immutabile, forse chisà per rispondere alle domande di G.H.MEAD.
Roberto da Silva
Roma 1984
Roberto Da Silva nel Museu Murillo La Greca, Recife 2008
Testo del Prof. Emilio Garroni per il catalogo della mostra DO DESENHO AO OBJETO di Roberto Da Silva a Roma, Mainz, Recife
Che significhe “fare arte” è sempre meno chiaro. Non deve trarre in ingano, credo, l´attuale ritorno all´”opera”. Non è, questo, che un momento di una vasta problematizzazione, che ha investito da tempo e l´”opera” e l´”arte” stessa, favorendo una disponobilità che ha reso di nuovo possibile ciò che pure era stato messo in questione.
L´estetico è il meno autorizzato, rispetto a chi in situazione i problemi dell´arte, a mettere ordine in questo campo senza confini. Anzi gli spetta il compito opposto: di mostrarne l´indefinibilità generale, e di risalire piuttosto da ciò che chiamamo “arte”, con significati di volta in volta diversi, alle sue condizioni di possibilità.
E tuttavia non sembra neanche che ci si possa accontentare senz´altro di tale indefinibilità. Tra estetica e pratica dell´arte dovrebbe esserci, per così dire, una zona intermedia, dove abbiamo a che fare con una indefinibilità che richiede nello stesso tempo una qualche definizione, non soltanto storia o situazionale. Immediatamente, è un´antimonia. Se possa essere risolta, e come, non è questo il luogo di discutere. Qui vale la pena piuttosto di mettere in evidenza la versalità e l´enigmaticitá dell´”arte”, non tanto come tecnica e prodotto, quanto come nozione.
L´”arte” è sicuramente qualcosa di storico e, diciamo anche di assoluto. Infati può trasformarsi continuamente rispetto a ciò che già era, conservando tuttavia una qualche identità. Il che sembra vero perfino quando l´”opera” raggiunge il massimo di tensione con il suo “altro”, si scioglie dal suo essere-opera e si manifesta come oscillazione tra “opera” e “non-opera”, per esempio “progetto”, “intenzione”, “azione”, “prelievo dell´esistente”, “utopia” o “silenzio”, e, così facendo, mette in questione il suo stesso essere-arte.
Proprio nella sua versatilità ed enigmaticità, l´”arte” conserverebbe dunque qualcosa di identico. Non uno o più tratti pertinenti, tali da rendere possibile una sua definizione minima, ma una sorta di sotterranea e inosservabile “vocazione al senso”, presente, sì, in tutte le operazioni umane, ma in talune di esse, quelle che ci piace chimare “artistiche”, dominante e premente. Per questo, qualsiasi oggetto o evento può presentarsi, a certe condizioni, come artistico, anche se per caso le sue motivazioni sono tutt´altre. Ma ho detto: “vocazione al senso”, non “ai significati”. E volevo dire: esigenza di manifestare in qualche modo – forse in modo qualsi impossibile o paradossale – quella condizione originaria, il “senso” appunto, di ogni possibile e realmente manifestabile significato. La paradossalità consiste in questo: che quell´esigenza può realizzarsi solo attraverso significati, ma con una riserva essenziale, preciza o fluttuante: che più dei significati esterni conta il senso che li sostiene dall´interno.
Forze “fare arte” significa ancora oggi questo: dare appunto senso, come che sia, ai significati che ci circondano e che la dimensione urbana moderna ha moltiplicato, infittito e sparso dappertutto, mostrando nello stesso tempo che significati, da soli, sono rimando e dispersione, e non ancora “fanno mondo”, ma solo “ambiente”. La cittá moderna, nella sua “belleza”, viene percepita appunto come “mondo”; e nel suo “orrore”, soltanto come “ambiente”. Senza dubbio, i significati servono per intendere, comuicare e operare. Ma – presi per se stessi nel loro isolamento e nella loro accumulazione – adempiono al loro compito a meno di parcellizzazione in-consistente e persecutoria dell´esperienza. Gran parte del disagio moderno – quello più profondo, che può essere anche ilare e spensierato – credo che dipenda dal continuo sfuggire dei significati dal senso e dal sempre di nuovo regredire del “mondo” ad “ambiente”. Così che ciò chiamiamo “arte”, “opera” o “altro” che sia, e che non siamo in grado di definire in senso propio, avrebbe questo compito ambiguo e avventuroso, senza regole, senza criteri, senza metodi: di tentare di far trasparire – magari solo nella segregazione dell´io – un “mondo” attraverso l´ambiente”.
Non so se sia un compito ancora eseguibile o no. Pare essere tuttavia un compito indifferibile, anche se imposibile.
Filosofo Prof Emilio Garroni
Roma 1985
Roberto Da silva
Mostre Personale
1973 – OLINDA, Brasile. Museu d´Arte Contemporanea
1974 – RECIFE, Brasile. Galerie Linea
1980 – ROMA, Italia. Nuova Galleria Internazionale
1981 – VIENA, Austria. Banco del Brasile
1983 – MONACO DI BAVIERA, Germania. Consolato Generale del Brasile
ÜBERSEE-FELDSWIES, Germania. Kunsthaus
1984 – WEINHEIM, Germania. Voksbank
1985 – ROMA, Italia. Centro Documentazione Artistica Contemporanea „Luigi Di Sarro”
MAINZ, Germania. Camera dell´Industria e Comercio della Renania
ROMA, Italia. MIKROS Architettura
1986 – ROMA, Italia. Studi Spazio
RECIFE, Brasile, Galleria Metropolitana Aloisio Magalhães
1987 – MILANO, Italia. City Bank-CITIFIN Galeria d´Arte
1992 – RECIFE, Brasile. Stituto di Cultura Brasile-Italia
2001 – ROMANS, Francia. Museu di Romans
2003 – RECIFE, Brasile. Stituto dei Ciechi
RECIFE, Brasile. Piazza del Marco Zero
2008 – RECIFE, Brasile. Museu Murillo la Greca
Mostre Collettive
1971 – JOÃO PESSOA, Brasile. Museu d´Arte Sacra – Chiesa di San Francesco (Fiera d´Arte)
1973 – OLINDA, Brasile. Museu d´Arte Contemporanea
RECIFE, Brasile. Museu dello Stato
1975 – RECIFE, Brasile. Pinacoteca della Cità di Recife
ATLANTA. USA. Accademia di Belle Arti
1979 – ROMA, Italia. Nuova Galleria Internazionale
1980 – FIRENZE, Italia. Galleria Il Cenacolo
ROMA, Italia. Galleria d´Arte “Casa del Brasile” – Ambasciata del Brasile
HEIDELBERG, Germania. Heidelberger Kunstverein
1981 – VIENNA, Austria. Künstlerhaus
ROMA, Italia. Studio AM16
1982 – PARIS, Francia. Grand Palais des Champs Elysées
SÃO PAULO, Brasile. Fondazione Mogid Okada
1984 – IBIZA, Spagna. Museu d´Arte Contemporanea – IBIZAGRAFIC Biennale
BARCELONA, Spagna. Fondazione Joan Mirò
1985 – MAINZ, Germania. Camera del Comercio e dell´Industria della Renania
1986 – RECIFE, Brasile. Galleria Metropolitana Aloisio Magalhães
1987 – BERLIN, Germania (DDR). INTERGRAFIC87
1988 – RECIFE, Brasile. Stituto de Cultura Brasile-Italia (Realismo Urbano)
1990 – RECIFE, Brasile. Università Catolica
1992 – TOURNON, Francia. Atellier di Tournon
1996 – MARSEILLE, Francia. Le Hors-Là Associazione Culturale
VARSAVIA, Polonia. PLAKATU Biennale
1998 – ROMA, Italia. Centro della Cultura di Roma
2001 – ROMANS, Francia. Galleria TRANS
2005 – RECIFE, Brasile. Spazio Manuel Bandeira- Libreria Saraiva (La Scuola Pernambucana d´Arte)
2008 – RECIFE, Brasile. Museu Murillo La Greca
Roberto Da Silva nel Museu Murillo La Greca – Recife 2008
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